LA RIVISTA


Antropologia Pubblica affronta con piglio innovativo un “modo” di fare antropologia, un metodo, una scelta di oggetti di studio, caratterizzati da una propensione verso il rapporto stretto tra il sapere e il fare, tra la conoscenza antropologica e la sua possibile efficacia all’interno di azioni di cambiamento sociale, se necessario anche radicali. Tutto ciò nasce dalla convinzione che si possa – sulla base di una appropriata competenza, con fermezza, forza argomentativa e capacità di comunicazione – esercitare influenza sulle decisioni e sulle politiche che riguardano il sociale.

La rivista insomma vuol prendere sul serio i diritti, la partecipazione e le risposte del “grande pubblico” su questioni cruciali legate alla contemporaneità; e vuole al tempo stesso sottolineare le obbligazioni verso gli interessi “generali” del paese, verso quelle questioni – e verso il modo di trattarle – che riguardano la totalità dei cittadini, non un gruppo ristretto e più o meno “settoriale” di ricercatori. L’aggettivo “pubblica” quindi, enfatizza un impegno verso la collettività e una selezione attenta dei temi e problemi trattati. Ma va anche detto che questo termine allude a un rilevante “allargamento” degli orizzonti e dei punti di riferimento dell’antropologia, al di fuori dello stretto – e secondo alcuni angusto – ambito esclusivo dell’Accademia.

Verso un’antropologia attuale


In definitiva, nell’orientamento del gruppo promotore c’è la ferma idea che l’antropologia di oggi e di domani non debba trovarsi a disagio su temi e problemi di attualità, che può affrontare senza difficoltà – e alla cui soluzione contribuire – con i suoi metodi di ricerca prolungata e ravvicinata, anche sulla base della lunga storia (provata e riprovata) che l’ha messa in contatto con situazioni di “alterità” geografica e storico-culturale, in un rapporto di distanza solo apparente dal presente e dalle situazioni centrali della modernità tardo capitalista. Senza rinunziare alla riflessione, si vorrebbe portare in essa la forza critica, il gusto per la ricerca partecipata e l’aspirazione a dare un contributo fattuale alla costruzione di un futuro migliore. In fondo, non ci nascondiamo una tenace ambizione: quella di favorire la progressiva costituzione di un’antropologia attuale.