DREAMING IRAQ

Marina Berardi è dottoranda in Antropologia culturale presso l’Università della Basilicata, specialista in Beni Demoetnoantropologici e fotografa documentaria formata presso il WSP Photography di Roma.
Nel novembre 2016 ha collaborato con la Missione Archeologica Italo-Irachena dell’Università di Roma “La Sapienza” ad Abu Tbeirah (Iraq meridionale) come antropologa culturale e fotografa. Alcuni scatti del lavoro fotografico Dreaming Iraq vengono pubblicati da National Geographic Italia.
Tiene seminari e workshop sui temi di antropologia visiva in diverse università e fornisce consulenza antropologica nell’ambito del progetto Rete degli ecomusei dei Paesaggi arabi in Basilicata. Lavora sul patrimonio immateriale e materiale (Beni DEA), spopolamento e cultura materiale soprattutto in Basilicata con attenzione alle condizioni umane, storie di vita, pratiche rituali, contesti migranti.
Vincitrice nel 2013 del Nikon Talents con alcuni scatti realizzati in Etiopia, riceve menzioni e segnalazioni anche ad altri concorsi internazionali come IPA, Px3, Sony World Photography Awards. Nel 2017 ottiene il primo premio al Metropolis Fest. Ha inoltre preso parte a diverse residenze d’artista: a Matera nel 2017 con il lavoro fotografico Inner Places e a Reggio Emilia nel 2018 nell’ambito del circuito OFF di Fotografia Europea, realizzando il lavoro fotografico Una traccia di vuoto oltre il confine, poi in mostra. Collabora con la rivista Erodoto 108. Dal 2018 insegna anche Antropologia applicata alla fotografia presso il WSP Photography e dal 2017 coordina l’iniziativa Itinerari. La città fotografata in alcuni quartieri di Roma.
Il suo lavoro è consultabile alla pagina internet: www.marinaberardi.net.

Siamo in Iraq, al sud, a Ur. Una manciata di chilometri ci separano da Nassiriyah e 16 chilometri da Abu Tbeirah. Questa è l’antica Mesopotamia, la culla della civiltà. Un gruppo di archeologi porta alla luce importanti scoperte del terzo millennio a.C. Dal 2011 Ur, iscritta nelle liste del patrimonio UNESCO, ospita la Missione Archeologica dell’Università di Roma “La Sapienza”, la prima missione straniera ad essere ammessa in Iraq dopo le Guerre del Golfo. Da Ur ogni mattina gli archeologi, svegliandosi che è ancora notte fonda, si recano al sito archeologico, attraversano per un breve tratto Nassiriyah e arrivano su una piana argillosa e desertica in cui stanno emergendo importanti ritrovamenti del periodo sumerico. Siamo ad Abu Tbeirah. Qui l’uomo inventò la scrittura e abbandonò l’oralità come unica trasmissione del sapere. Questa è l’antica Mesopotamia, la culla della civiltà.
Il mondo antico permette di riscoprire la quotidianità in Iraq per guardare il Paese con occhi diversi. Qui le cose ritrovate diventano misura di un’umanità che sogna e desidera nuove forme di riscatto culturale.

La Missione Archeologica dell’Università di Roma “La Sapienza” (diretta da Franco D’Agostino e Licia Romano), impegnata ad Abu Tbeirah, riguarda anche il consolidamento dei tesori di Ur con i fondi del ministero degli Affari esteri destinati alla cooperazione italiana per lo sviluppo. Il Tempio di Dublamakh, le tombe reali e soprattutto il complesso della Ziggurat, rientrano tra i monumenti interessati agli interventi di salvaguardia. Il lavoro svolto dagli archeologi è un lavoro di squadra, complesso e richiede specifiche competenze tecniche. Accanto agli archeologi italiani e iracheni c’è un gruppo di operai le cui conoscenze locali conservano saperi fondamentali e la cui compagnia fa bene allo spirito del gruppo. Scavare nel proprio passato millenario porta alla luce cose che hanno un valore che va oltre l’apparente immobilità degli oggetti.